01 Set Come la nostra postura può cambiare mente ed corpo – Risultati di una ricerca sul campo
Presentiamo un secondo estratto (leggi qui il primo) dalle ricerche che abbiamo svolto nel primo semestre 2014 presso i Centri Ricerca di Real Way of Life.
In questo caso abbiamo voluto mettere alla prova e scoprire le reali basi scientifiche degli approcci detti del “fare come se”. In diverse discipline psicologiche, psicoterapiche, counseling, pnl, ecc. viene sostenuta l’utilità di comportarsi come la persona che si vorrebbe essere. A chi è timido viene chiesto di comportarsi da persona sicura e prendere spesso l’iniziativa, a chi è depresso si chiede di sorridere e concentrarsi su pensieri ottimistici nella propria mente e con gli altri, e così via. Esistono forti sostenitori di queste modalità e persone più scettiche. Qualcuno le considera addirittura come forzature controproducenti. Noi abbiamo deciso che la cosa migliore era non emettere giudizi e provare sul campo che cosa succedeva a chi applicava questo approccio per un periodo significativo di tempo.
Dato che il nostro approccio si basa fortemente sulle neuroscienze e sull’etologia abbiamo deciso di prendere in considerazione un campo di applicazione in cui l’uomo possa essere paragonato ad altri mammiferi e di misurarne le variazioni sia dal punto di vista qualitativo (autovalutazione e osservazioni di professionisti) che dal punto di vista quantitativo (misurando alcuni parametri vitali e neurotrasmettitori).
Il tema dell’indagine: postura e Insicurezza Vs Sicurezza
Abbiamo focalizzato la nostra indagine sulla sicurezza personale, con un particolare accento sulle situazioni sociali. Rifacendoci al modello presentato da Sinibaldi e Achilli (2014 – in fase di pubblicazione) che considera l’uomo nella sua essenza originaria di mammifero, possiamo individuare tre livelli sul continuum insicurezza-sicurezza sociale: insicurezza e tendenza al ritiro sociale, sicurezza media ed esposizione media nel gruppo sociale (i cosiddetti “gregari” nel branco), alta sicurezza e affermazione nel gruppo (i cosiddetti capo-branco).
L’uomo, come l’animale, ha diversi comportamenti che sono collegati con i tre livelli indicati. In questo contesto ci concentreremo solo su quello più basilare, ovvero il comportamento non verbale. Esistono diversi indicatori per ognuno dei tre livelli: ad esempio i capo-branco hanno il petto aperto con un tono muscolare naturale, mentre gli insicuri hanno un’antero-rotazione delle spalle; i capo-branco non irrigidiscono i muscoli in stato di allerta ma solo per gravi allarmi, i gregari si irrigidiscono per stress intermedi, gli insicuri al minimo dubbio di rischio.
Riferimenti scientifici
La comunicazione non verbale è la prima forma di comunicazione nel branco e verso l’esterno, si manifesta essenzialmente secondo tre modalità: volontaria (ad es. gonfiare il pelo per sembrare più grandi con nemici), indiretta (ad es. esposizione di giugulare e genitali per fiducia in proprie capacità di difesa), conseguente ad attivazione fisiologica (ad es. orecchie dritte per sentire meglio).
Il biofeedback è un fenomeno di comunicazione inversa corpo-mente: mentre è noto ed ovvio che il sistema nervoso comunica con la periferia del corpo per attivarlo è meno noto che il corpo che mantiene certe caratteristiche manda un segnale al sistema nervoso per informarlo di quello che succede in periferia. Questo fenomeno è facilmente comprensibile ad esempio per i propriocettori presenti nel piede che mandano segnali ai centri cerebrali dell’equilibrio, ma è presente e svolge un ruolo importante per tutte le funzioni fisologiche, tra cui emozioni, difesa, gioco, ecc.
La ricerca
Abbiamo coinvolto ragazzi e ragazze tra i 16 e i 24 anni, frequentati scuole superiori o università. Il campione era di 446 persone divisi a metà tra italiani e inglesi e tra maschi e femmine. Tutti i ragazzi erano volontari che si autodefinivano insicuri, timidi, con problemi di relazioni sociali.
A metà di loro veniva chiesto per un mese di assumere uno di 7 comportamenti non verbali da persone sicure almeno 8 volte al giorno, ciascuna per almeno 90 secondi (tempo minimo che dalle nostre ricerche porta a un biofeedback significativo). Gli veniva richiesto che almeno 4 volte su 8 fosse in contesti pubblici.
I partecipanti seguivano un training di mezza giornata in cui apprendevano i 7 comportamenti e li sperimentavano, in modo da poterli eseguire correttamente non essendo per loro familiari.
Abbiamo eseguito le seguenti valutazioni all’inizio, dopo un mese di attività, dopo 6 mesi dalla fine della ricerca:
- autopercezione di sicurezza su una scala da 1 a 10
- autodescrizione qualitativa della propria sicurezza sociale
- osservazione comportamentale da parte di specialisti formati durante i corsi Real Way
- rilevazione di cortisolo salivare (ormone dello stress)
- rilevazione di testosterone (ormone direttamente collegato al senso di sicurezza e autoaffermazione sociale)
L’altra metà del gruppo fungeva da controllo e non doveva fare nulla se non condurre la propria vita e presentarsi ai test.
I risultati
Gli esiti della ricerca sono stati molto chiari: la postura influenza la mente e l’assetto neuroendocrino. Infatti i partecipanti del gruppo sperimentali hanno mostrato risultati significativamente diversi rispetto al gruppo di controllo.
- L’autopercezione di sicurezza personale è mediamente aumentata del 38%.
- Le autodescrizioni qualitative e le osservazioni comportamentali sono cambiate in modo significativo, tanto da essere difficilmente riconoscibili in alcuni casi.
- La propensione al rischio è aumentata, passando da livelli sotto la media a valori nella norma (quindi potremmo dire che si raggiungeva una sana valutazione costi benefici, mentre prima i soggetti tendevano ad evitare ogni rischio)
- I livelli di cortisolo salivare sono diminuiti mediamente del 22%, segnale di minori livelli di stress
- I livelli di testosterone sono aumentati mediamente del 17%, indice di un cambiamento ormonale significativo a sostegno dell’autostima
I cambiamenti rilevati a un mese dall’inizio della sperimentazione si sono mantenuti quasi inalterati a distanza di sei mesi. I ragazzi avevano il mandato di non assumere più le posture in modo sistematico e di essere naturali. La maggior parte di essi, tuttavia, sostiene che la propria postura era cambiata. Pur non sforzandosi più in modo attivo, mantenevano la nuova postura spesso in modo naturale.
Conclusioni
Considerati i risultati di questa ricerca possiamo dire che “fare come se” ha senso, perlomeno rispetto a certi atteggiamenti posturali rispetto alla sicurezza personale. “Fare come se” non è semplicemente far finta, ma qualcosa che innesca un cambiamento. Se ci si pensa l’apprendimento naturale è un “fare come se”, basta guardare a tutti i comportamenti imitativi dei bambini (ma anche degli adulti!) che provano e sperimentano quello che vedono per farlo proprio e per cercare di capirlo ed, eventualmente, integrarlo.
Nel caso specifico di questa ricerca possiamo dire di aver fatto sperimentare posture fisiologiche, innate anche se non espresse e sane ai ragazzi. Siamo partiti da un campione di persone la cui postura era probabilmente esito di un disagio e/o di un apprendimento scorretto, oppure di una mancata possibilità di misurarsi adeguatamente in certi ambiti (autoaffermazione, agonismo sano, identificazione, ecc.). Ci proponiamo in una prossima ricerca di valutare anche il fenomeno inverso (gli effetti di posture non fisiologiche) e del processo di apprendimento che porta mente e corpo ad fare propria una certa postura.
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